E' stato eletto ieri presso l'Oratorio San Giovanni Bosco in Pallanza - Verbania alla presenza del Ministro Regionale del Piemonte e Valle D'Aosta Chiara Fluttero, del Ministro OFS di Alessandria Angelo Torre e di Padre Marco del Convento dei Francescani Minori di Torino
il nuovo Ministro OFS di Verbania Stefano Toson, la Viceministro Ivana Perelli Paradisi e consiglio OFS Santa Elisabetta Intra.
A tutti loro auguri e buon lavoro!
CONSEGNA DEL PREMIO
BEATO CONTARDO FERRINI 2023 MERCOLEDÌ 11/10/2023
AL PROF. FRANCO CARDINI
maggiori informazoni su
https://www.centroitalianodiegittologiagiuseppebotti.com/attivita/
Presso la Chiesa di Santa Marta ad Intra - Verbania, il 18 dicembre alle ore 21.00
si terrà il Concerto di Natale che come tutti gli anni andrà a sostenere le opere di Restauro del prezioso complesso di Santa Marta.
Il Premio Contardo Ferrini 2022 è stato assegnato al Vaticanista Dott. Saverio Gaeta.
La motivazione dell’Ordine Francescano Secolare di Verbania che ha portato alla scelta del suo nome da inserire nel prestigioso albo d’oro dei premiati e che ha visto il Premio ripartire sotto il segno del merito alla persona e, non solo ad un’opera letteraria come avveniva in passato quando il Premio nato a Verbania era assegnato al termine di un concorso letterario Nazionale, la potete leggere in basso.
Ora, accanto ai nomi del direttore del museo Egizio di Torino Dott. Christian Greco e Mons. Frisina che verrà premiato, a Dio piacendo il 21 Dicembre, si unisce con grande gioia dell'Ordine, quello di Saverio Gaeta.
Ecco la Motivazione:
“Premio Beato Contardo Ferrini 2022 al giornalista e Vaticanista Dott. Saverio Gaeta.
Per aver affrontato, con attenzione speciale, temi complessi e difficili da spiegare ad un pubblico eterogeneo, senza venire mai meno tuttavia alla coscienziosità di una esposizione che impone competenza e serietà, l’Ordine Francescano Secolare di Verbania ha deciso, all’unanimità, di assegnare il Premio al Dott. Saverio Gaeta.
Autore di molti libri e articoli che, pur nell’affrontare temi difficili, hanno mantenuto sempre un grado di comprensione che abbracciasse ogni tipo di lettore, il dottor Gaeta ha saputo mantenere una genuina testimonianza di carità intellettuale tanto cara alla nostra fraternità.
Divulgatore, anche televisivo, ha saputo mantenere un contatto quasi “paterno” con il pubblico che non lo ha mai percepito lontano ed inavvicinabile, ma anzi ne ha sempre compreso le varie spiegazioni teologiche e mariologiche con un senso di conforto e accoglienza che lo hanno reso popolare in molti contesti dove si è sempre dimostrato pazientemente disponibile alla spiegazione richiesta con serenità.”
il Vice Ministro Il Ministro OFS Verbania
Francesca de Tacchi Dario Conte
E’ stato assegnato il Premio Contardo Ferrini 2021 a Monsignor Marco Frisina.
Autore di musiche straordinarie e colonne sonore indimenticabili...
Articolo completo nel sito.
Martedì 14 Luglio nel pomeriggio, presso il Museo Egizio di Torino
è stato consegnato il Premio Beato Contardo Ferrini al Prof. Christian Greco direttore del Museo .
L'Ordine Francescano Secolare di Verbania e del Piemonte e Valle d'Aosta e il Comitato Pro restauro Santa Marta di Verbania hanno ritenuto il Professore per le qualità e i carismi espressi e portati a frutto nel suo lavoro ( così come chiesto anche nel vivere la nostra regola francescana secolare) ha a giudizio di tutti i componenti dell'Ordine e del Comitato ha ampiamente meritato il riconoscimento.
La consegna si è svolta in un clima di grande cordialità e accoglienza, caratteristica che contraddistingue il corso di questa gestione.
Di seguito la motivazione .
Verbania 16/10/2019
Premio Beato Contardo Ferrini 2020 a
Prof. Christian Greco
Per l'alta professionalità raggiunta nel suo campo scientifico e per la dedizione e la cura al patrimonio custodito al Museo Egizio di Torino, L'Ordine Francescano Secolare di Verbania, del Piemonte e Valle d'Aosta unitamente al Comitato pro restauro Santa Marta di Verbania hanno ritenuto che il Professore Christian Greco abbia ampiamente meritato questo riconoscimento.
La capacità di coinvolgere i visitatori e di creare un luogo in cui, curatori e personale lavorano in perfetta armonia, la spinta a comunicare, ad esercitare la carità culturale tanto cara al Beato Contardo Ferrini e al concetto espresso, prima di lui, dal Beato Filosofo Roveretano Antonio Rosmini hanno convinto l'Ordine francescano secolare e il Comitato Santa Marta di Verbania a conferire il Premio al direttore, custode di un tesoro culturale immenso.
Promotore di ricerca, cultura e dialogo a tutti i livelli, dialogo che avrebbe fatto felice, ne siamo certi, il grande giurista e Beato Contardo Ferrini ha dimostrato con grande umiltà la volontà di condividere cultura e valori donandoli, come il nostro caro Beato ci ha insegnato, a tutti coloro che incontra senza alcun preconcetto forte della sua ragione e cultura che non potrà essere in contrasto con la fede.
OFS Verbania e Piemonte - Val D'aosta
Comitato pro restauro S.Marta Verbania
Torino 14/07/2020
Cari sorelle e fratelli,
Carissimi amici!
Quest'anno, da febbraio, la nostra fede e la nostra speranza sono state duramente messa alla prova.
Il Covid-19 ci ha catapultati in una dimensione a molti sconosciuta. Sofferenza e dolore per molti di noi e delle persone che incontravamo erano all'ordine del giorno. Abbiamo dovuto salutare amici e parenti e sicuramente tutto questo ci ha segnato nel profondo.
La nostra fraternità di Verbania ha avuto modo di interrogarsi molto sul "dopo" ,sulla ripartenza in una zona anche territorialmente complicata.
Molte famiglie in difficoltà già prima hanno subito un colpo mortale alla loro economia, così come siamo perfettamente coscienti delle nuove situazioni di povertà che ci si porranno davanti nel nostro futuro prossimo.
La nostra fraternità, come tutti noi, nel nostro piccolo, non si è mai tirata indietro nelle opere di carità materiale, ma ha pensato ad un'altra emergenza che crediamo sia davvero da tenere in considerazione e non meno importante.
Ci siamo interrogati sulla frase evangelica "Non di solo pane vive l'uomo " (Mt4,4) e abbiamo ricordato la splendida visita regalata da Papa Francesco ai Clochard di Roma alla Cappella Sistina.
Il nostro animo, come sottolineato dal Papa in quella occasione, ha bisogno di cultura e bellezza non meno che del cibo e appunto per questo vi proponiamo una iniziativa nostra alla quale, se vorrete, ognuno di noi, potrà aderire e fare girare per le fraternità d'Italia :
#LaCulturaInFamiglia
Siamo rimasti colpiti dalla disponibilità
e gentilezza del direttore del Museo Egizio
che l'anno scorso venne a tenere una splendida
lezione in una serata i cui proventi andarono al restauro di una Chiesa, Santa Marta di Intra.
Per questo il Premio Contardo Ferrini 2020, oltre che per i suoi indubbi meriti culturali, verrà assegnato a lui.
Il Museo Egizio in questa emergenza ha perso 5ml di Euro .
È un Museo che si regge al 68% con i biglietti di ingresso che saranno più che dimezzati per le nuove regole e per questo per assicurare la cura dei reperti e molte altre attività, dovranno rivedere molte cose.
Nel nostro piccolo, in riconoscenza, pensiamo di contribuire non solo per il Museo Egizio che è il più antico al mondo e il secondo per collezione reperti, ma anche per tutti i Musei in grave sofferenza cercando di suggerire delle gite, per chi potrà,
per sostenere il Museo e i Musei e farci del bene culturalmente.
Ecco, cari fratelli, se accanto alla gita fuori porta,
giusta e salutare, includessimo la possibilità
di sostenere i Musei regalandoci bellezza, alla mente e all'anima, credo che compiremmo in maniera molto semplice un atto di carità culturale e spirituale che ci aiuterebbe a ricaricarci anche
per tutto l'ascolto e l'attenzione che ognuno di noi
vuole cercare di dare a chi è più sfortunato .
Nel ringraziarvi dell'attenzione che ci avete accordato vi abbracciamo singolarmente, uno ad uno.
Pace e bene!
Il Ministro Dario Conte
Il Vice Ministro
Il Consiglio di Fraternità
PS.
Il Museo Egizio riaprirà il 2 Giugno .
È obbligatorio per poterlo visitare, per le nuove regole, prenotarsi.
Grande festa in Basilica a San Vittore in Verbania Sabato Scorso 29 giugno .
Infatti la fraternità Santa Elisabetta di Intra si è stretta intorno a confratello Dario Conte che pronunciava le sue promesse perpetue davanti a padre Massimo che è giunto da Vigevano appositamente e alla fraternità tutta e ad i fedeli della santa messa vespertina che hanno accolto con entusiasmo e commozione la piccola,grande sorpresa che la comunità, senza fasti, come è nello stile francescano, ma ricca di segni che aiutassero a comprendere cosa sia una vocazione in un Ordine , ha voluto fare . Al nostro caro confratello a nome di tutta la fraternità di Verbania un caloroso Benvenuto!
G.L
Leggendo queste poche righe di S. Paolo, mi sovviene che anche noi, sicuramente imperfetti e con mille “magagne”, siamo stati chiamati e scelti dal Signore per essere qui davanti a Lui e riuniti nel Suo Nome. Quante volte ci siamo chiesti: perché io? , Dio sceglie , non seguendo le apparenze, come faremmo noi, ma guardando al cuore e all’essenziale di ognuno di noi. Lo Spirito, sceglie chi ha le caratteristiche che servono per la formazione del Suo Regno, caratteristiche che stupiscono perché non pensiamo neppure di averle. E allora, che chi ha avuto il coraggio di rispondere SI al Signore, è bene che si riunisca in preghiera a ringraziare per il dono ricevuto. Non con l’atteggiamento del fariseo che si fa notare da tutti, ma facendo diventare preghiera di ringraziamento e adorazione il prolungamento di quel dono. Cioè come noi abbiamo gratuitamente ricevuto, così gratuitamente ci doniamo agli altri: accettando, ponendoci al servizio, non giudicando, ma facendo diventare dono d’amore disinteressato ogni nostro gesto (CARITA’) . solo in questo modo si realizza il regno di Dio che è già iniziato con Gesù e che noi siamo chiamati ad ampliare non con conquiste violente , ma con atti d’amore.
La condivisione, il donarci per quel che si è, ci faranno diventare “primizia” sulla strada della Salvezza. Ma attenzione non siamo noi ad agire, ma lo Spirito Santo che Gesù ci ha donato in abbondanza. Spirito che ogni volta che viene invocato si premura di scendere senza risparmiarsi su di noi e di suggerirci la Verità, a rafforzarci nella FEDE in colui che per noi è VIA, VERITA’ , VITA e fonte di SPERANZA . Lo Spirito non mente: è Verità, lo Spirito ci rinforza e ci fa crescere nella Libertà e nella Santità, lo Spirito aiuta a cancellare in noi la morte, il potere, l’egoismo e ogni forma di doppiezza. Lo Spirito dona ad ognuno di noi vita in abbondanza, quella vita che Gesù ci ha elargito a piene mani soprattutto ai più bisognosi affinchè attraverso questa santificazione nello Spirito di Dio nessuno conosca la morte. “chi crede in me non morirà in eterno ! “. A questo finale siamo chiamati dalla Buona Notizia di Gesù. Tutto questo donarsi gratuitamente rende gloria al Signore, tutto questo è vera preghiera, è la preghiera che veramente piace a Dio, non quella fatta di “tante parole come fanno i pagani….”.
Il Signore ci invita a seconda delle nostre capacità a fare dei fatti , dei fatti d’amore, ad essere disponibili e ben disposti verso i nostri fratelli meno fortunati, ad essere umili come il pubblicano in fondo al Tempio. Sicuramente è questa la preghiera che glorifica Dio e che glorificherà anche noi quando torneremo, “alla fine della battaglia”, alla casa del Padre e potremo gioire in Lui e con Lui nel Suo Amore.
D.Conte
VERBANIA - Verbania in lutto per la morte di Carlo Reschigna, 93 anni, padre di Aldo,
vicepresidente della Regione Piemonte ed ex-sindaco. Da qualche settimana, a causa del male che lo tormentava da tempo, era ricoverato all’Istituto Sacra Famiglia di Verbania. Storico fabbriciere delle parrocchie di Santo Stefano e Madonna di Campagna, volontario dai primi anni ’50 della San Vicenzo di
Pallanza, ha chiuso la sua carriera lavorativa alla Montefibre negli anni ’70 come caporeparto. La moglie, Franca, i figli Fausto, Giuseppe e Aldo ne annunciano la scomparsa con queste
parole: “Ha vissuto nell’amore e nel rispetto verso tutti ed ora s’è affidato all’amore del Signore”. Oltre alla moglie e ai figli lascia le nuore,
Daniela e Mimma e i nipoti.
Domani, alle 20,30, la recita del rosario nella chiesa di Santo Stefano. Sabato, alle 14. I
funerali nella stessa chiesa che ha frequentato fin che le condizioni di salute gliel’hanno consentito. Al termine della cerimonia, la salma verrà traslata per la sepoltura al cimitero di
Cannobio, suo comune d’origine al quale è sempre rimasto legato.
tratto da
Link qui sotto
Basilica di San Vittore gremita di gente per il concerto “Va’ e ripara la mia casa” promosso dall’Associazione Piccola Porziuncola Verbania Onlus con il quale poco fa è stata inaugurata la seconda fase del grande intervento di restauro che sta restituendo alla basilica l’originario splendore. Ospite d’eccezione della serata Frate Alessandro, la Voce di Assisi, il francescano noto ormai in ogni parte d’Italia e del mondo per i suoi concerti, le apparizioni televisive, le incisioni essendo il primo frate in assoluto nella storia della musica ad avere firmato un contratto con una casa discografica di prestigio mondiale come la Decca, suscitando l’interesse dei media internazionali. Frate Alessandro ha incantato con la sua straordinaria voce anche il pubblico verbanese, esibendosi dopo il saluto di don Costantino Manea in uno spettacolo diviso in quattro sezioni introdotte da letture affidate a Laura e Silva Cristofari e a Dario Conte e seguite da un momento musicale a cui ha dato il proprio prezioso contributo anche il Coro Polifonico San Vittore diretto dal maestro Riccardo Zoja nonché per l’accompagnamento alla tastiera il maestro Alessandro De Bei.A conclusione della serata una autentica ovazione del foltissimo pubblico e fuori programma l’esecuzione di “Fratello Sole, Sorella Luna” in cui Frate Alessandro ha duettato con il tenore verbanese Damiano Colombo.
Sergio Ronchi
articolo tratto da
http://www.verbaniamilleventi.org/grande-successo-per-il-concerto-con-frate-alessandro/
Nelle foto alcuni momenti della serata e la parte della basilica restaurata
Mi è stato chiesto di riprendere a braccio, più o meno quello che ho detto nel saluto a Chiara il giorno delle sue esequie in Basilica – Poiché non avevo di scritto nulla , cercherò di ricordare quello che ho detto.
“Ciao Chiara” quando mi è stata data la notizia che eri volata in Cielo, ho subito un vero e proprio Shock.
C’eravamo viste la domenica precedente e anche se non eri al massimo della forma, il pensiero di perderti così in maniera repentina non era così immediato .
Mentre comunicavo la notizia della tua scomparsa alla Vice Ministro regionale dell'OFS (Ordine Francescano Secolare) Piangendo, fu lei a farmi notare un particolare che mi sconvolse e mi consolò all'istante - mi disse :” Ma senti si è spenta il giorno del transito di San Francesco, come lui !” .
Mi vennero i brividi e capii in un istante che San Francesco era venuto a prenderti, sorella che tanto l’avevi amato in Cristo !
Ricordo dei progetti fatti e di come volessi a tutti i costi servire il Signore nell'abito del terz’Ordine di San Francesco .
Ricordo il tuo cambiamento dal giorno dell’Ingresso in Noviziato, alla tua “sete” di sapere e quando mi facevi “fretta” e di quanto sdrammatizzassi la tua urgenza anche per non farti sentire diversa dagli altri fratelli e sorelle …
Il Giorno in cui andammo al Giubileo degli Ordini e gruppi religiosi, li ebbi la certezza che la tua sofferenza si era assimilata a Cristo in maniera misteriosa e profonda .
Avevi avuto una crisi e il tuo corpo si era irrigidito dagli spasmi, tanto che riuscire a sorreggerti e a piegarti gli arti mi era diventato impossibile.
Davanti alla Chiesa, stravolta dallo sforzo,tu mi continuavi a chiedere scusa, chiamandomi in maniera dolce per nome mentre molti passavano oltre anche, ricordo, un Bus di Turisti che guardava la scena, ma questo non mi faceva arrabbiare , mi portava sul Golgota, con te che eri diventata “Alter Christus” e io il tuo immeritevole Cireneo .
Le tue braccia e le tue gambe erano diventate il legno della Croce di Cristo…
Ad un tratto scorsi tra la gente un Signore che conoscevo come persona discreta e sempre umilmente in fondo alla Chiesa a pregare per gli altri e gli chiesi aiuto . “Pio!” , gli dissi “Aiutaci!” e lui sorridendo, mi aiutò a sistemarti .
Finalmente entrammo in Chiesa ed eri raggiante come una sposa . Li ebbi un attimo, in cui ti guardai trasfigurata, ed ebbi come una profezia sul tuo futuro …
Ecco cara Chiara , ora sono io a chiederti di pregare per noi, me per me, perché era così evidente la tua vicinanza a Cristo che non potrei pensare che tu possa essere nient’altro che accanto a Lui e al tuo, al nostro San Francesco .
Grazie Chiara , ti vogliamo bene !
G.L
Atteggiamenti
Inginocchiarsi (Prostratio)
Vi sono ambienti, che esercitano notevole influenza, che cercano di convincerci che non bisogna
inginocchiarsi. Dicono
che questo gesto non si adatta alla nostra cultura (ma a quale, allora?); non è conveniente per l’uomo maturo, che va incontro a Dio stando diritto, o, quanto meno, non si addice all’uomo
redento, che mediante Cristo è divenuto una persona libera e che, proprio per questo, non ha più bisogno di inginocchiarsi.
Se guardiamo alla storia possiamo
osservare che Greci e Romani rifiutavano il gesto di inginocchiarsi. Di fronte agli dei faziosi e divisi che venivano presentati dal mito, questo atteggiamento era senz’altro giustificato: era
troppo chiaro che questi dei non erano Dio, anche se si dipendeva dalla loro lunatica potenza e per quanto possibile ci si doveva comunque procacciare il loro favore. Si diceva che inginocchiarsi
era cosa indegna di un uomo libero, non in linea con la cultura della Grecia; era una posizione che si confaceva piuttosto ai barbari. Plutarco e Teofrasto definiscono l’atto di inginocchiarsi
come un’espressione di superstizione; Aristotele ne parla come di un atteggiamento barbarico (Retorica, 1361 a 36). Agostino gli dà per un certo verso ragione: i falsi dei non sarebbero infatti altro che maschere di demoni, che sottomettono l’uomo
all’adorazione del denaro e del proprio egoismo, che in questo modo li avrebbero resi «servili» e superstiziosi. L’umiltà di Cristo e il suo amore che è giunto sino alla croce, ci hanno liberato
– continua Agostino – da queste potenze ed è davanti a questa umiltà che noi ci inginocchiamo.
In effetti, l’atto di inginocchiarsi proprio dei cristiani non si pone come una forma di inculturazione in costumi[181] preesistenti, ma, al contrario, è espressione della cultura cristiana che trasforma la cultura esistente a partire da una nuova e più
profonda conoscenza ed esperienza di Dio.
L’atto di inginocchiarsi non proviene da una cultura qualunque, ma dalla Bibbia e dalla sua esperienza di Dio.L’importanza centrale che l’inginocchiarsi ha nella Bibbia la si può desumere dal
fatto che solo nel Nuovo Testamento la parolaproskynein compare 59 volte, di cui 24 nell’Apocalisse, il libro della liturgia celeste, che viene presentato alla Chiesa come modello e
criterio per la sua liturgia.
***
Osservando più attentamente possiamo distinguere tre
atteggiamenti strettamente imparentati tra di loro. Il primo di essi è
la prostratio: il distendersi fino
a terra davanti alla
predominante potenza di Dio; soprattutto nel Nuovo Testamento c’è, poi, il cadere ai piedi e, infine, il mettersi in ginocchio. I tre atteggiamenti non sono sempre facili da distinguere, anche sul piano linguistico. Essi possono legarsi tra di loro,
sovrapporsi l’uno all’altro.
Per ragioni di brevità vorrei citare, a proposito della prostratio, due testi, uno tratto dall’Antico Testamento, l’altro dal Nuovo.
Quello tratto dall’Antico Testamento è la teofania a Giosuè prima della conquista di Gerico, che dallo scrittore biblico è posta in stretto parallelo con la teofania a Mosè presso il roveto ardente. Giosuè vede «il capo dell’esercito del Signore» e, dopo aver riconosciuto la sua identità, si getta a terra davanti a lui. In quel momento ode le parole che, in precedenza, erano già state rivolte a Mosè: «Togli i calzari dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è santo» (Gs 5,14s). Nella figura misteriosa del «capo dell’esercito del Signore» il Dio nascosto parla a Giosuè e davanti a Lui questi si getta a terra. È bella l’in[182]terpretazione di questo testo data da Origene: «C’è un altro capo delle potenze del Signore oltre al nostro Signore Gesù Cristo?». Giosuè adora dunque Colui che doveva venire, il Cristo veniente.
Per quanto riguarda, invece il Nuovo Testamento, a cominciare dai Padri è divenuta particolarmente importante la preghiera di Gesù al monte degli Ulivi. Secondo Matteo (26,39) e Marco (14,35) Gesù si prostra a terra, anzi, cade a terra (Mt); Luca, invece, che in tutta la sua opera - Vangelo e Atti degli Apostoli - è in maniera particolare il teologo del pregare in ginocchio, ci racconta che Gesù pregava in ginocchio.
Questa preghiera, come preghiera introduttiva alla Passione, è esemplare, sia per quanto riguarda il gesto che per i suoi contenuti. I
gesti: Gesù fa sua la caduta dell’uomo, si lascia cadere nella sua caducità, prega il Padre dal più profondo abisso della solitudine e del bisogno umani. Ripone la sua volontà
nella volontà del Padre: Non la mia volontà sia fatta, ma la Tua. Ripone la volontà umana nella volontà divina. Fa sua ogni negazione della volontà dell’uomo e la soffre con il suo dolore;
proprio l’uniformare la volontà umana alla volontà divina è il cuore stesso della redenzione.
Difatti la caduta dell’uomo si poggia sulla contraddizione delle volontà, sulla contrapposizione
della volontà umana alla volontà divina, che il tentatore dell’uomo fa ingannevolmente passare come condizione della sua libertà. Solo la volontà autonoma, che non si sottomette ad alcuna altra
volontà, sarebbe, secondo lui, libertà. Non la mia volontà, ma la tua – è questa la parola della verità, poiché la volontà di Dio non è il contrario della nostra libertà, ma il suo fondamento e
la sua condizione di possibilità. Solo rimanendo nella volontà di Dio la nostra volontà diventa vera volontà ed è realmente libera. La sofferenza e la lotta
del monte degli Ulivi è la lotta per questa verità liberante, per l’unità di ciò
che [183] è diviso, per una unione che è la comunione di Dio.
Comprendiamo così che in questo passo si trova anche l’invocazione d’amore del Figlio Padre: Abbà (Mc 14,36). Paolo vede in questo grido la preghiera che lo Spirito Santo pone sulle nostre labbra
(Rm 8,15; Gal 4,6) e àncora così la nostra preghiera spirituale alla preghiera del Signore sul monte degli Ulivi.
Nella liturgia della Chiesa la prostratio appare oggi in due occasioni: il venerdì santo e nelle consacrazioni.
Il venerdì santo, giorno della crocifissione, essa è espressione adeguata del nostro sconvolgimento per il fatto di essere, con i
nostri peccati, corresponsabili della morte in croce di Cristo. Ci gettiamo a terra e prendiamo parte alla sua angoscia, alla sua discesa nell’abisso del bisogno. Ci gettiamo a terra e riconosciamo così dove siamo e chi siamo: caduti,
che solo Lui può sollevare. Ci gettiamo a terra come Gesù davanti al mistero della presenza potente di Dio, sapendo che la croce è il vero roveto ardente, il luogo della fiamma dell’amore di Dio,
che brucia, ma non distrugge.
In occasione delle consacrazioni questo gesto esprime la consapevolezza della nostra assoluta incapacità di accogliere con le sole nostre forze il compito sacerdotale di Gesù Cristo, di parlare
con il suo Io. Mentre i candidati all’ordinazione giacciono a terra, l’intera comunità radunata canta le litanie dei santi. Resta per me indimenticabile questo gesto compiuto in occasione
della mia ordinazione sacerdotale ed episcopale. Quando venni consacrato vescovo la percezione bruciante della mia insufficienza, dell’inadeguatezza davanti alla grandezza del compito fu forse
ancora più grande che in occasione della mia ordinazione sacerdotale. Fu per me meravigliosamente consolante sentire la Chiesa orante invocare tutti i santi, sentire che la preghiera della Chiesa
mi avvol[184]geva e mi abbracciava fisicamente. Nella propria incapacità, che doveva esprimersi corporeamente in questo stare prostrati, questa preghiera, questa presenza di tutti i santi, dei
vivi e dei morti, era una forza meravigliosa, e solo essa poteva sollevarmi, solo lo stare in essa poteva rendere possibile la strada che mi stava davanti.
***
In secondo luogo bisogna ricordare il gesto del cadere ai piedi, che nei Vangeli è indicato quattro volte (Mc 1,40; 10,17; Mt 17,14; 27,29) con il
termine gonypetein. Partiamo da Mc 1,40. Un lebbroso va da Gesù e gli chiede aiuto; si getta ai suoi piedi e gli dice: «Se tu vuoi, puoi guarirmi». Qui è difficile valutare la portata di questo
gesto. Non si tratta sicuramente di un vero atto di adorazione, ma di una preghiera espressa con fervore, anche con il corpo, in cui le parole manifestano una fiducia nella potenza di Gesù che va
al di là della dimensione puramente umana. È diverso il caso dell’espressione classica dell’adorazione in ginocchio – proskynein.
Scelgo ancora una volta due esempi per chiarire la questione che si pone al traduttore. Anzitutto la storia di Gesù che, dopo la moltiplicazione dei pani, sosta sulla montagna, in
colloquio con il Padre, mentre i discepoli lottano invano sul mare con il vento e le onde. Gesù va verso di loro sulle acque; Pietro gli si affretta incontro, ma impaurito, sprofonda nelle acque
e viene salvato dal Signore. Gesù, allora, sale sulla barca e il vento si placa. Il testo, poi, prosegue: ma i discepoli sulla barca «gli si prostrarono davanti» e dissero: «veramente tu sei
il Figlio di Dio!» (Mt 14,33). Precedenti traduzioni scrivevano: i discepoli adorarono Gesù sulla barca e dissero... Ambedue le traduzioni sono giuste, ambedue mettono in rilievo un aspetto
di ciò che accade: quelle recenti l’espressione corporale, quelle più antiche l’avveni[185]mento interiore. Difatti, dalla struttura del racconto si desume con estrema chiarezza che il gesto di
riconoscimento di Gesù come Figlio di Dio è adorazione.
Anche nel Vangelo di Giovanni incontriamo una simile problematica, nel racconto della guarigione del cieco nato. Questa storia, costruita teo-drammaticamente, si conclude in un dialogo tra
Gesù e la persona sanata, che può essere considerato il prototipo del dialogo di conversione; inoltre, l’intera storia deve essere intesa come una spiegazione interiore dell’importanza
esistenziale e teologica del battesimo. In questo dialogo Gesù aveva chiesto all’uomo se credeva nel figlio dell’Uomo. Alla domanda del cieco nato: «Chi è, Signore?» e alla risposta di Gesù:
«Colui che ti parla», segue la professione di fede: «Io credo, Signore! Ed egli si prostrò davanti a lui» (Gv 9,35-38). Traduzioni precedenti avevano scritto: «ed egli lo adorò».Di fatto, tutta
la scena mira all’atto di fede e di adorazione di Gesù, che ne segue: ora non sono aperti solo gli occhi dell’amore, ma anche quelli del cuore. L’uomo è diventato davvero vedente. Per
l’interpretazione del testo è importante osservare che nel Vangelo di Giovanni la parola proskynein ricorre undici volte, di cui nove nel dialogo di Gesù con la Samaritana,
presso il pozzo di Giacobbe (Gv 4,19-24). Questa conversazione è tutta dedicata al tema dell’adorazione ed è fuori discussione che qui, come del resto in tutto il Vangelo di Giovanni, la parola
ha sempre il significato di «adorare». Anche questo dialogo si conclude comunque – come quello con il cieco sanato – con l'autorivelazione di Gesù: «Sono io, che ti
parlo».
Mi sono trattenuto a lungo su questo testo perché in esso compare qualcosa di importante. Nei due passi qui approfonditi il significato spirituale e quello corporeo della parola proskynein non sono affatto separa[186]bili.
II gesto corporale è, come tale, portatore di un senso
spirituale – quello,
appunto, dell’adorazione, senza del quale esso resterebbe privo di significato – mentre, a sua volta, il gesto spirituale, per sua stessa natura, in forza dell’unità fisico-spirituale della persona umana, deve
esprimersi necessariamente nel gesto corporale. Ambedue gli aspetti sono integrati in una sola parola perché si richiamano intimamente l’un l’altro.
Quando l’inginocchiarsi diventa pura esteriorità, semplice atto corporeo, diventa privo di senso;
ma anche quando si riduce l’adorazione alla sola dimensione spirituale senza incarnazione, l’atto dell’adorazione svanisce, perché la pura spiritualità non esprime l’essenza dell’uomo.
L’adorazione è uno di quegli atti fondamentali che riguardano l’uomo tutto intero. Per questo il piegare le ginocchia alla presenza del Dio vivo è
irrinunciabile.
***
Con ciò siamo già arrivati al tipico atteggiamento
dell’inginocchiarsi su uno o su ambedue i ginocchi. Nell’Antico Testamento ebraico alla parola berek (ginocchio) corrisponde il verbo barak,
inginocchiarsi.
Le ginocchia erano per gli ebrei un simbolo di forza; il piegarsi delle ginocchia è quindi il piegarsi della nostra forza davanti al Dio vivente, riconoscimento che tutto ciò che noi siamo, lo
abbiamo da Lui. Questo gesto appare in importanti passi dell’Antico Testamento come espressione di adorazione. In occasione della consacrazione del tempio, Salomone «si inginocchiò davanti a
tutta l’assemblea di Israele» (2Cr 6,3). Dopo l'esilio, nella situazione di bisogno in cui venne a trovarsi Israele dopo il ritorno in patria, Esdra ripete lo stesso gesto all’ora del sacrificio
della sera: «Poi caddi in ginocchio e stesi le mani al mio Signore e pregai il Signore, mio Dio» (Esdra 9,5). Il grande salmo della Passione («Mio Dio, mio Dio perché mi hai abban[187]donato») si
conclude con la promessa: «Davanti a Lui si piegheranno tutti i potenti della terra, davanti a Lui si prostreranno quanti dormono sotto terra» (Sal 22,30). Rifletteremo sul passo affine di Is
45,23 in contesto neotestamentario. Gli Atti degli Apostoli ci raccontano della preghiera in ginocchio di san Pietro (9,40), di san Paolo (20,36) e di tutta la comunità cristiana
(21,5).
Particolarmente importante per la nostra questione è il racconto del martirio di santo Stefano. Il primo martire cristiano viene presentato nella sua sofferenza come perfetta imitazione
di Cristo, la cui passione si ripete nel martirio del testimone fin nei particolari. Stefano, in ginocchio, fa così sua la preghiera del Cristo crocifisso: «Signore non imputare loro questo peccato» (At 7,60).
Ricordiamo in proposito che Luca, a differenza di Matteo e di Marco, aveva parlato della preghiera in ginocchio del Signore sul monte degli Ulivi e osserviamo, quindi, che Luca vuole che
l’inginocchiarsi del protomartire sia inteso come un entrare nella preghiera di Gesù.
L’inginocchiarsi non è solo un gesto cristiano, è un gesto cristologico. Il passo più importante sulla teologia dell’inginocchiarsi è e resta per me il grande inno cristologico
di Fil 2,6-11. In questo inno prepaolino ascoltiamo
e vediamo la preghiera della Chiesa apostolica e riconosciamo la sua professione di fede; ma sentiamo anche la voce dell’Apostolo, che è entrato in questa preghiera e ce l’ha tramandata; torniamo
ancora una volta a percepire la profonda unità interiore di Antico e Nuovo Testamento, così come l’ampiezza cosmica della fede cristiana.
L’inno ci presenta Cristo in contrapposizione al primo Adamo: mentre questi cerca di arrivare alla divinità con le sole sue forze, Cristo non considera come un «tesoro geloso» la divinità, che pure gli è propria, ma si abbassa fino alla morte di croce. Proprio questa umiltà, che viene dall’amore, è il propriamente [188] divino e gli procura il «nome che è al di sopra di tutti i nomi», «perché tutti, in cielo e sulla terra e sotto terra, pieghino le loro ginocchia davanti al nome di Gesù...». L’inno della Chiesa apostolica riprende qui la parola profetica di Isaia 45,23: «Lo giuro su me stesso dalla mia bocca esce la verità, una parola irrevocabile: davanti a me si piegherà ogni ginocchio...».
Nella compenetrazione di Antico e Nuovo Testamento è chiaro che Gesù, proprio in quanto è il Crocifisso, porta il «nome che è al di sopra di tutti i nomi» – il nome dell’Altissimo – ed è Egli
stesso di natura divina. Per mezzo di Lui, il Crocifisso, si compie la profezia dell’Antico Testamento: tutti si pongono in ginocchio davanti a Gesù, Colui che è asceso, e si piegano così davanti
all’unico vero Dio, al di sopra di tutti gli dei.
La croce è divenuta il segno universale della presenza di Dio, e tutto ciò che noi abbiamo finora udito sulla
croce storica e cosmica, deve trovare qui il suo vero senso. La liturgia cristiana è proprio per questo liturgia cosmica, per il fatto che essa piega le ginocchia davanti al Signore crocifisso e
innalzato. È questo il centro della vera «cultura» – la cultura della verità. Il gesto umile con cui noi cadiamo ai piedi del Signore, ci colloca sulla vera via della vita, in armonia con tutto
il cosmo.
***
Si potrebbe aggiungere ancora molto, come, per esempio, la commovente storia che ci racconta Eusebio di Cesarea nella sua storia ecclesiastica, riprendendo una tradizione che risale a Egesippo (II secolo), secondo cui Giacomo, il «fratello del Signore», primo vescovo di Gerusalemme e «capo» della Chiesa giudeo-cristiana, aveva sulle ginocchia una sorta di pelle di cammello per il fatto che stava sempre in ginocchio, adorava Dio e implorava perdono per il suo popolo (II, 23, 6). Oppure il racconto tratto dalle senten[189]ze dei Padri del deserto, secondo cui il diavolo fu costretto da Dio a mostrarsi a un certo abate Apollo, e il suo aspetto era nero, orribile a vedersi, con delle membra spaventosamente magre e, soprattutto, non aveva le ginocchia. L’incapacità a inginocchiarsi appare addirittura come l’essenza stessa del diabolico.
Ma non voglio andare troppo in là. Vorrei aggiungere solo un’osservazione: l’espressione con cui Luca descrive l’atto di inginocchiarsi dei
cristiani (theis ta gonata) è sconosciuta al greco
classico. Si tratta di una parola specificamente cristiana. Con questa osservazione il cerchio si chiude là dove avevamo cominciato le nostre
riflessioni. Può forse essere vero che
l’inginocchiarsi è estraneo alla cultura moderna – appunto nella misura in cui si tratta di una cultura che si è allontanata dalla fede e che non conosce più colui di fronte al quale
inginocchiarsi è il gesto giusto, anzi quello interiormente necessario.
Chi impara a credere, impara a inginocchiarsi; una fede o una liturgia che non conoscano più l’atto di
inginocchiarsi, sono ammalate in un punto centrale. Dove questo gesto è andato perduto, dobbiamo nuovamente apprenderlo, così da rimanere con la nostra preghiera nella comunione degli
apostoli e dei martiri, nella comunione di tutto il cosmo, nell’unità con Gesù Cristo stesso.[190]
Tratto da
http://scrittidijosephratzinger.blogspot.it/2013/05/chi-impara-credere-impara-ad.html
Sotto la guida del regista Alberto Di Giglio, direttore artistico del Premio Beato Contardo Ferrini, si sta girando un film-documentario sulla vita del grande studioso e giurista con riprese, testimonianze e interviste in tutte le località in cui è vissuto e ha lavorato. Ferrini è interpretato dall’attore Bruno Furini ed una colonna sonora originale accompagnerà la voce narrante di Massimo Dapporto. In questi giorni la troupe sta girando a Suna, dove il beato Ferrini si è spento nel 1902 e dove nella chiesa di Santa Lucia ne è custodito il cuore. Il parroco don Romano Mora ha colto l’occasione per riportare alla luce davanti alle telecamere una curiosa e preziosa testimonianza e cioè il grande telo, eseguito dal noto artista Pietro Gaddia specializzato in arte sacra e affresco, che venne esposto nella basilica di San Vittore per celebrare nel 1947 la beatificazione di Ferrini da parte di Pio XII. Il film sarà presentato in prima assoluta a Verbania e ne è prevista successivamente la proiezione e distribuzione su vasta scala in reti televisive, università e altre sedi di numerose località.
Nelle foto le riprese del telo esposto alla casa parrocchiale di Suna. Sergio Ronchi
(Articolo Tratto da http://www.verbaniamilleventi.org )
Verbania 1/10/2014
L'Ordine Francescano Secolare di Verbania, dopo attenta consultazione con il consiglio Regionale del Piemonte e in Obbedienza all'Ordine stesso, non prenderà parte al Premio nazionale Beato Contardo Ferrini Città di Verbania, Premio ideato dal recentemente scomparso don Rino Bricco e dal Ministro dell'Ordine Francescano Secolare di Verbania, Gerta Lipari .
La decisione è giunta dopo attenta riflessione resasi necessaria per l'Impossibilità di partecipare attivamente ai lavori preparatori del Premio e dell'Evento finale stesso, impossibilità che si sono rese evidenti nel corso del bando di concorso 2014 e che hanno fatto della partecipazione Francescana un dettaglio e non una componente fondamentale.
La decisione non vuole essere dettata da pura polemica, né prestarsi a qualsiasi strumentalizzazione del caso, ma semmai indurre una necessaria riflessione sul senso stesso del Premio e della proposta che era stata fatta come una occasione di dialogo che per natura stessa non può essere unilaterale e del ricordo doveroso di un personaggio straordinario che ha onorato la Città con la sua vita e opere .
OFS Verbania
Gran valore è l’essenzialità non una povertà fine a se stessa
M’ha sempre colpito che nel testamento di san Francesco, estrema richiesta e ammaestramento finale ai suoi, non c’è nessun invito alla Chiesa o al Papa d’esser povero.
Qualche tempo fa mi capitò di guardare uno di quei bellissimi documentari sulla natura selvaggia: posti che sono difficili da raggiungere,presentati nella loro magnifica crudezza . C'era un giovane animale ,non ricordo se Antilope o altro, che veniva braccato da delle belve feroci :le prime Leoni,giustificati dalla fame naturale,le seconde,le iene,vere parassite pronte ad approfittarsi della sposatezza del leone per banchettare gratis e senza troppa fatica.
Ebbene,quando tutto sembrava finito per la giovane Antilope e le iene già gioivano del probabile pasto,questa con un sussulto, divincolandosi,sebbene ferita ,riusciva a scappare,lasciando sia il fiero leone che la più opportunista iena, a bocca asciutta. Nessuna delle due belve aveva fatto i conti con l'imponderabile,quel motore che nel Mistero trova forza e nella vita, ragione . Queste immagini e riflessioni mi sono venute in mente in questi giorni ,in cui,molti Media, hanno accerchiato,riproposto o addirittura scomodato Fiction - film tv che (detto da illustri storici) di storico hanno ben poco,tutto questo per trovare un modo per accusare la Chiesa .
Non bisogna scomodare le cronache per sapere che sin dal Vangelo qualcuno che ha tradito il Signore c'è,ma tutto questo inveire ,quando la Chiesa sta affrontando un Conclave ,sembra molto particolare se non da indurre a qualche riflessione .
Risulta anche strano che in tutto questo puntare il dito e scomodarsi in inchieste e quant'altro, si siano sistematicamente dimenticati di personaggi come il Sacerdote che aveva inventato un telefono per segnalare e così smascherare gli individui che si aprofittano dei bambini,come anche di chi ,innocente, è stato prosciolto da infamanti accuse: :peccato che sia avvenuto dopo che a questo povero sacerdote gli si spezzò il cuore ,portandolo in Cielo prima che la gogna mediatica scrivesse in fondo ad un giornale ,due righe di cronaca, sull'epilogo drammatico.
Quando poi qualcuno "alza la voce" sull'Imu che le Parrocchie non pagherebbero ,sarebbe da chiedere a tutti i Parroci di affiggere, fuori dalla Chiesa (come fece un Sacerdote ligure ndr. )la cartella pagata .
Ma vogliamo parlare delle mense dove ogni giorno migliaia di persone vengono sfamate,dei pacchi viveri per le famiglie ,dell'assistenza quotidiana alle ragazze madri e dei Sacerdoti e Laici che ad una media impressionante ,nelle zone dove i cristiani sono fieri di esserlo ,vengono massacrati nell'indifferenza quasi totale del mondo ?
Quelli no,quelli non fanno notizia ,non sono uno scandalo,non sono interessanti per fare ascolto ,non sono utili ad infangare ,diprezzare e a far fare distinzione e non "di tutta un erba un fascio," accumunando l'infinitesima parte di chi sbaglia ,proposto in queste inchieste , che non rappresenta assolutamente l'intero mondo cattolico, con chi lavora in silenzio e realmente alla luce del Vangelo.
Questo non è lo scoop che ci si attende .
Se questa è informazione ,consoliamoci sapendo che l'Antilope corre più veloce .
Fratel Colomba
TEATRO DEL CHIOSTRO
VIA F. LLI CERVI 14
VERBANIA
“IO HO BISOGNO DELLA BELLEZZA”
STAGIONE 2013
Sabato 16 marzo
ore 20.30
In ricordo di Mons. Giuseppe Cacciami
La Compagnia Teatrale “La Diligenza”
Milano
presenta:
“Processo a
Gesu' "
di
Diego Fabbri
AUDITORIUM “IL CHIOSTRO” – VERBANIA
INGRESSO GRATUITO
PRENOTAZIONE POSTI :
IL CHIOSTRO - Tel. 0323404077
La rappresentazione è in favore della costruzione dell’Orfanotrofio S. Damien
Madagascar.
In collaborazione con il Comitato Restauri Chiesa Santa Marta Verbania - Intra
Conferenza della prof. Paola Muller docente di storia della Filosofia medioevale presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
Attraverso un dialogo con Maestri medioevali come San Bonaventura da Bognoregio,Giovanni Dun Scoto,Guglielmo Di Ockham,la forza trasfigurante del Bene e della gratuità del reale come sorgente inesauribile di stupore secondo la via tratteggiata della scuola Francescana .
Hotel "Il Chiostro " Ore 15.00 Sala Verbano
Errare è umano. Lo dimostra la lettera a Papa Francesco di 26 donne italiane «coinvolte sentimentalmente con un sacerdote o religioso>. (Il testo è stato rivelato da Vatican Insider). Ma le amanti dei preti non sono un tema nuovo. Anche a santa Teresa d’Avila, e siamo nel Cinquecento, capitò di dare consigli a un sacerdote che aveva una relazione con una donna. La santa gli rimase accanto e la storia ebbe un lieto fine.
Santa Teresa d'Avila
Lo racconta lei stessa nella Vita, l’autobiografia scritta su richiesta dei suoi superiori. Siamo al capitolo cinque e Teresa ricorda il suo incontro con quest’uomo, che era diventato il suo confessore. Lei era molto giovane.
«C’era un ecclesiastico che risiedeva in quel luogo dove andai a curarmi, di
ottima condizione sociale e di grande intelligenza; era anche colto, se pur non eccedeva in cultura. Cominciai a confessarmi da lui…».
Dopo un po’, di fronte al candore e all’amore di Dio di Teresa, fu il
confessore a raccontarle i suoi guai: «Cominciò a rivelarmi la rovina della sua anima. E non era poca cosa, perché da quasi sette anni si trovava in una situazione assai pericolosa, avendo una
relazione con una donna di quello stesso luogo; e ciò nonostante continuava a celebrare la Messa. Il fatto era ormai così noto che egli aveva perduto l’onore e la fama, ma nessuno osava
redarguirlo. Io ne ebbi molta compassione».
Teresa cercò di saperne di più, si informò con i suoi familiari, seppe che gli
avevano fatto un sortilegio. Teresa non credeva ai sortilegi, ma credeva al male che può fare a se stesso chi ci crede: «A dire il vero, io non credo a queste storie dei sortilegi, ma dico quello
che ho visto per avvisare gli uomini di guardarsi dalle donne che cercano di adescarli in tal modo, e di esser convinti che, avendo esse perduto ogni pudore di fronte a Dio (mentre più degli
uomini sono tenute a rispettarlo), non possono meritare la minima fiducia. Infatti non badano a nulla pur di conseguire il loro intento e assecondare quella passione che il demonio pone nel loro
cuore».
Un giudizio poco tenero verso le donne, più ancora che verso i sacerdoti.
Parole che a prima vista potrebbero sembrare anacronistiche. Eppure, anche se certamente risentono in modo pesante del contesto storico, a me sembra che contengano un germe di verità. Le
generalizzazioni sono sempre generalizzazioni. Ma gli uomini sono più fragili delle donne, soprattutto quando sono in gioco il sesso e i sentimenti. Poi, anche senza volere stilare gerarchie di
responsabilità, per una donna credente il modello di riferimento è Maria. Qualcuno riesce a immaginare Maria che fa una cosa del genere? E invece nella storia raccontata da Teresa sembra che la
strada scelta sia quella di imitare Eva. Superandola di molto.
Riecco Teresa. «Non appena seppi questo, dunque, cominciai a dimostrargli più amore… Di solito gli parlavo di Dio; questo doveva giovargli, ma credo che più utile allo scopo fu il fatto che egli mi amasse molto.
Per farmi piacere, invero, si decise a darmi l’idoletto, che io feci gettare subito nel fiume. Appena se ne fu liberato, cominciò – come chi si svegli da un lungo sonno – a ricordarsi a poco a
poco di tutto quello che aveva fatto in quegli anni e, spaventato di se stesso, dolendosi della sua perdizione, finì con il detestarla».
Teresa continua ed è così avvincente che non conviene rubarle la parola:
«Nostra Signora dovette aiutarlo molto, perché era molto devoto della sua concezione, la cui ricorrenza era da lui celebrata solennemente. Infine, cessò del tutto di vedere quella donna, e non si
stancava di render grazie a Dio per averlo illuminato. Morì allo scadere esatto di un anno dal giorno in cui l’avevo conosciuto. Si era adoperato già molto nel servire Dio…». Conclusione: «Sono
sicura che egli si sia salvato. Morì serenamente e del tutto fuori di quella situazione; sembra che il Signore l’abbia voluto salvare con questo mezzo».
Teresa era una grande santa e, nonostante questo, rivedendo l’intera vicenda,
sottolinea i pericoli in cui si era cacciata accettando queste confidenze. Non tutti siamo forti e pieni di Dio come lei.
Qui non si tratta nemmeno di celibato dei preti sì o no, ma di una doppia
vita. Una vita di bugie, a cui si costringono coloro che scelgono di rimanere sacerdoti con l’amante.
Non siamo tutte Teresa. Ma sarebbe bello se i sacerdoti in crisi incontrassero
tante Teresa. Invece che future amanti.
Tratto dal Blog di
Sabrina Cottone
http://blog.ilgiornale.it/cottone/
s
Breve Riflessione- Quando una corrente o un giornale, una corrente giornalistica cominciano a censurare, boicottare, nascondere una notizia o mandarla ritagliata ad hoc, ebbene vuol dire che chi è oggetto di questa censura, boicottaggio, taglio e ritaglio, ha dato fastidio... L'impressione che questo trattamento sia stato applicato in pieno alle "Giornate Ferriniane" è più che tale, visto e considerato che, tranne qualche giornalista e testata on-line, deontologicamente in Ordine (non è solo per un gioco di parole) si sono distinti per il contrario. Ricapitoliamo alcune cose:da qualche anno, si cerca con Misericordiosa pazienza di ricordare ad alcuni chi era il Beato Contardo Ferrini, non solo Beato, ma un G. E. N. I. O. un uomo che aveva scritto e pubblicato centinaia di volumi, un uomo profetico che contribuì in maniera decisiva a cambiare "le cose". Un uomo che considerava l'essere umano degno di redenzione e il povero da difendere e non lasciare "marcire in galera" come si usava dire al tempo. Bene negli anni al Premio Ferrini si sono succeduti nomi del Calibro di:Meluzzi, Alberoni, Magdi Allam, Brosio, Frisina, Fratepietro (cantante di Musical) , Lionello, Carrea, Koll, Beppe Tenti (Overland), Prof. Negri, Farina, Pupi Avati, Tornielli, Gaeta, Invernizzi... Ecc...Tutti personaggi illustri che sono venuti, principalmente per dar luce alla figura di Ferrini e per Verbania- molti di loro a titolo semi gratuito ! . In seguito, però, dopo una ultima triste gestione il Premio (cui non abbiamo partecipato- vedere il nostro comunicato Stampa in merito ) viene chiuso... Promuoviamo un film che riscuote un notevole successo, persino all'estero! Con voce narrante di Massimo Dapporto, con la voce storica di Bernacchi e la voce di Tronnolone (Redattore culturale di programmi in Radio Vaticana) , con attori come Furini (nella parte di Ferrini) che ha lavorato accanto ad attori come Al Pacino, con Stefano Grillo (l'ultimo film campione d'incassi con Zalone), con un musicista e compositore come Frattaroli cui basta scorgerne il curriculum per comprenderne il valore, e il regista Di Giglio già direttore artistico del Premio,e tranne il notevole riscontro riscontro del pubblico alla prima a Verbania, nelle alte sfere, silenzio... Spazio siderale (perdonate l'amarezza). Arrivando a questi giorni, proponiamo le "Giornate Ferriniane" (che sosteniamo noi completamente- senza chiedere o disturbare nessuno e che anzi mettiamo a disposizione per la raccolta fondi pro terremotati) e invitiamo Master Bee e i media locali (tranne qualche rara e illuminata testata on line) non sanno neanche chi sia !!! Ma la cosa devastante è che se non si conoscono le cose allora si possono denigrare o ignorare... Proprio per questo e molto altro ancora l'associazione Piccola Porziuncola ha deciso che si impegnerà sempre più con progetti all'estero, nella ex Jugoslavia e dove le emergenze ci porteranno e dopo questa imbarazzante (per chi l'ha prodotta) esperienza locale, non si impegnerà più in zona,tranne qualche eccezione (anche per tutte le persone di buona volontà che da ogni corrente esistono a Verbania) perché non si possono umiliare artisti e buona volontà per il campanile, questo significa essere "sinistrati" intellettualmente o molto poco educati o entrambi... Nell'apprezzare e amare... Specie la propria Storia locale- Scusate la franchezza. Ci saranno in futuro, Città che si sentiranno gratificate e saranno probabilmente più attente ad accogliere le nostre proposte - GL